IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile promosso da ASSI.GE S.r.l., con sede in Genova, via Ss. Giacomo e Filippo 31, in persona del suo rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Genova, via Ceccardi 4.6 presso e nello studio dell'avv. Mara Dasso Dall'Orso che la rappresenta e difende per mandato a margine dell'atto di citazione, attrice, contro Ministero delle finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, legale domiciliataria in Genova, viale Brigate Partigiane, 2, convenuto. CONCLUSIONI Per l'attrice: Voglia codesto ill.mo Tribunale contrariis rejectis, dichiarare la tassa di concessione governativa sulle societa' di cui all'art. 36 del d.-l. n. 69/1989 convertito in legge 27 aprile 1989, n. 154 illegittima perche' istituita in palese violazione di una disposizione normativa comunitaria (come tale direttamente applicabile nel nostro ordinamento giuridico) ed indebitamente percepita secondo quanto stabilito dalla Corte di giustizia CEE con sentenza del 20 aprile 9 e conseguentemente condannare, il Ministero delle finanze alla restituzione in favore della societa' attrice di quanto da essa pagato per il quinquennio dal 1988 al 1992 e quindi L. 17.500.000 oltre interessi legali dal pagamento al saldo e rivalutazione. Sentenza provvisoriamente esecutiva. Con vittoria di spese e competenze di causa. Per il convenuto: Voglia il tribunale ill.mo dichiarare pregiudizialmente la propria incompetenza territoriale, riconoscendo quella funzionale del tribunale di Roma. Vinte le spese. In subordine, voglia respingere nel merito le domande attore: siccome infondate. Vinte le spese. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione in data 28 ottobre 1993 ritualmente notificato la ASSI.GE. S.r.l., in persona del proprio legale rappresentante, conveniva in giudizio dinanzi a questo tribunale il Ministero delle finanze per sentir dichiarare dovuto il rimborso in proprio favore dell'importo complessivo di L. 17.500.000 che essa aveva versato negli anni 1988, l989, 1990, 1991 e 1992 a titolo di tassa sulle concessioni governative sull'iscrizione di vari atti presso il registro delle societa' di questo tribunale in applicazione di quanto disposto dal d.P.R. n. 641 del 26 ottobre 1972 e successive modifiche. Eccepiva, al riguardo, l'illegittimita' del tributo siccome in contrasto con gli art. 10 e 11 della direttiva del Consiglio delle comunita' economiche europee 17 luglio 1969 n. 355 la quale escludeva, come e' noto, l'applicazione di qualsiasi imposizione per l'immatricolazione delle societa' fatta eccezione per l'imposta sui conferimenti e per i diritti di carattere remunerativo; ed osservava che nessuna remunerativita' poteva ravvisarsi in una controprestazione di danaro di entita' non certo proporzionata al servizio reso, tra l'altro assoggettato ad altra apposita tassa. Nel costituirsi in giudizio il Ministero convenuto eccepiva preliminarmente l'incombenza territoriale del tribunale adito, ogni controversia giudiziaria al riguardo dovendo radicarsi presso il tribunale di Roma ove aveva sede l'ufficio finanziario liquidatore della tassa. Nel merito contestava la fondatezza delle opposte pretese delle quali chiedeva il rigetto, sostenendo, che la contestata tassa doveva rientrare nei diritti di carattere remunerativo espressamente esclusi dal divieto comunitario. Quindi la causa, senza necessita' di particolare istruzione, sulle conclusioni come sopra trascritte, e' stata trattenuta in decisione all'udienza collegiale del 17 novembre 1994. MOTIVI DELLA DECISIONE Nell'ordine logico delle questioni sottoposte all'esame del Collegio carattere assorbente assume la questione di decadenza e di improponibilita' della domanda attore siccome non preceduta dall'intero esperimento della fase amministrativa dei ricorsi secondo il disposto dell'art. 11 del d.P.R. n. 641 del 1972; questione sollevata per la prima volta in comparsa conclusionale ma pur sempre rilevabile di ufficio da parte del Collegio. La questione sottoposta all'esame del collegio presenta evidenti aspetti di similitudine con altra, rimessa all'esame della Corte costituzionale con ordinanza 27 gennaio 1994, per cui analoghe devono essere le conclusioni anche per il presente giudizio. Come e' noto questo tribunale ha rilevato di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (disciplina delle tasse sulle concessioni governative), secondo cui nelle controversie relative all'applicazione delle tasse e sopratasse previste in tale decreto l'esperimento dell'azione giudiziaria e' subordinato alla previa presentazione dei ricorsi amministrativi, previsti dall'art. 11 dello stesso decreto, ed alle relative decisioni definitive dell'Intendente di finanza o del Ministro delle finanze oppure, in mancanza delle relative decisioni, al decorso del termine di centottanta giorni dalla data di presentazione del ricorso per manifesta infondatezza con riferimento agli artt. 24 e 3 della Cost. L'art. 13, secondo comma, del d.P.R. n. 641 del 1972, stabilisce che il contribuente puo' chiedere la restituzione delle tasse erroneamente pagate nel termine decadenziale di tre anni dal pagamento o in caso di rifiuto dell'atto sottoposto a tassa, nella data della comunicazione del rifiuto. Il comma successivo non ammette il rimborso delle tasse pagate in modo straordinario. L'art. 11 dello stesso d.P.R. n. 641 stabilisce che le controversie sull'applicazione delle tasse e soprattasse, previste dal decreto, sono decise in via amministrativa dall'Intendente di finanza con provvedimento che puo' essere impugnato con ricorso al Ministro per le finanze nel termine di trenta giorni, se l'ammontare delle tasse superi le L. 100.000. Il ricorso al Ministro puo' essere proposto, decorso il termine di centottanta giorni dalla presentazione del ricorso, se al ricorrente non sia stata notificata la relativa decisione. Il successivo art. 12 del decreto stabilisce, infine, che "avverso le decisioni definitive, di cui ai precedente articolo, e' esperibile l'azione giudiziaria nel termine di novanta giorni dalla data di notificazione della decisione". La contestazione della pretesa dei contribuenti ad ottenere la restituzione delle tasse cc. gg. costituisce controversia relativa all'applicazione delle tasse medesime, e, quindi, e' soggetta alle norme sul contenzioso sopra richiamate con la conseguenza che la domanda giudiziale di ripetizione delle imposte indebitamente pagate proposta davanti al giudice ordinario in mancanza dei ricorsi gerarchici dovrebbe essere dichiarata improponibile. Dal sistema descritto risulta infatti che l'azione giudiziaria puo' essere esperita solo se i ricorsi amministrativi siano stati proposti e solo dopo la notifica delle decisioni intendentizie o ministeriali definitive ovvero dopo il decorso di centottanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza alcuna notifica di decisione. E', quindi, incontestabile che il legislatore con la normativa riferita ha inteso creare uno "sbarramento" all'esercizio dell'azione giudiziaria che si configura giuridicamente come condizione di proponibilita' della stessa, posto che il contribuente non puo' avvalersi del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Cost. senza aver prima percorso la via dei ricorsi amministrativi. Ora, codesta Corte, pur avendo costantemente affermato che gli artt. 24 e 113 della Cost. non impongono una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la sua azionabilita', la quale puo' essere differita ad un momento successivo ove ricorrano esigenze di ordine generale e superiori finalita di giustizia, tuttavia, a proposito di una disciplina parallela a questa in esame (art. 33, d.P.R. 20 ottobre 1972, n. 642 sulla disciplina dell'imposta di bollo) ha ritenuto che, anche nel concorso di queste circostanze, il legislatore e' sempre tenuto ad osservare il limite imposto dall'esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, in conformita' ai principio della piena attuazione della garanzia stabilita dalle suddette norme costituzionali (C. cost., 23 novembre 1993, n. 406), e ne ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 24 della Cost. Tali principi valgono indubbiamente anche per l'art. 12 del d.P.R. n. 641 del 1972, contenente la disciplina delle tasse sulle concessioni governative, essendo certo che esso comporta una ingiustificata compressione del diritto di difesa del contribuente ostacolandone l'esercizio, in particolare comminando la decadenza per il mancato esperimento dei ricorsi amministrativi. Non vi e' alcuna ragione che giustifichi il defatigante ed inutile percorso del contenzioso amministrativo, come premessa indispensabile per l'accesso alla via giudiziaria, in controversie in cui si discute di diritti soggettivi e, quasi sempre, di questioni di diritto. Per le considerazioni che precedono si ritiene che vi siano motivi piu' che sufficienti per ritenere la questione di legittimita' costituzionale non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 24 della Cost. nella parte in cui l'art. 12 del d.P.R. n. 641 del 1972 non prevede in materia di rimborsi di imposta l'esperibilita' dell'azione giudiziaria anche in mancanza dei preventivi ricorsi amministrativi. La denunciata questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata con riferimento all'art. 3 della Cost. ove si consideri che in materia di rimborsi l'Amministrazione, essendo priva di poteri discrezionali e dovendo verificare soltanto la sussistenza dei presupposti del diritto fatto valere dal contribuente, si trova con questo in una posizione paritaria e, quindi, in una situazione con la quale non e' affatto compatibile la compressione della tutela giurisdizionale del privato. Ne' vi sono dubbi sulla rilevanza della questione. La societa' attrice, nel caso concreto, si e' limitata a richiedere il rimborso all'Intendenza di finanza e, ricevutone il rifiuto, ha proposto la domanda di rimborso a questo giudice omettendo il ricorso gerarchico al Ministero delle finanze. E' certo, quindi, che la decisione della causa in un senso o nell'altro dipende dalla definizione della questione di costituzionalita' con questa ordinanza proposta. Questo Tribunale, infatti, ha delibato sfavorevolmente la questione di incompetenza funzionale sollevata dalla difesa erariale secondo cui, ai sensi dell'art. 8 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, funzionalmente competente sarebbe il Tribunale di Roma nella cui circoscrizione si trova l'ufficio del registro cc. gg. di Roma che ha riscosso i tributi di che trattasi. Il collegamento con il Tribunale di Roma dovrebbe essere costituito dalla liquidazione del tributo in quella circoscrizione; ma e' certo che la tassa di cc. gg. viene autoaccertata dal contribuente e versata, mentre l'ufficio del registro, limitandosi a riscuotere ed a controllare l'esattezza dell'autoaccertamento, non opera alcuna liquidazione del tributo con la conseguente inapplicabilita' del citato art. 8 del t.u. n. 1611 del 1933. Analogamente deve essere ritenuta infondata l'eccezione di decadenza. L'art. 13 del d.P.R. n. 641/1972 invocato dalla difesa erariale impone al contribuente di rispettare il termine di tre anni per la "restituzione delle tasse erroneamente pagate"; mentre nel caso in esame non risulta esservi stato alcun errore bensi' l'adempimento di un obbligo all'epoca legislativamente previsto e sanzionato e, correlativamente al suo adempimento, la richiesta di rimborso per somme indebitamente erogate. A cio' aggiungasi che, allorquando il legislatore volle assoggettare a decadenza anche il recupero delle imposte indebitamente versate lo disse in modo chiaro e preciso (cfr. art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 in tema di rimborsi relativi all'imposta sugli spettacoli). Il processo va quindi sospeso e gli atti inviati alla Corte costituzionale, come da dispositivo.